Larisa, sposata Poggio, era nata il 2 febbraio 1823. I registri parrocchiali dicono, senza aggiungere troppi dettagli, che era “vedova di un nobile ereditario”, ma la figura del marito è stata di grande rilievo nella storia rivoluzionaria russa: si tratta di Alessandro Poggio, ufficiale russo di origini italiane, nato a Odessa, che insieme al fratello Giuseppe promosse e partecipò alla rivolta Decabrista del 1825 in Russia.
Larisa era stata educata all’Istituto di Irkutsk e si era sposata on Poggio nel 1851, durante il confino di lui. Nel 1859, dopo l’amnistia del 1856 promulgata dallo zar Alessandro II, la coppia si era trasferita a Pskov e nel governatorato di Mosca e, in seguito, era passata in Svizzera e in Italia, stabilendosi a Firenze nel 1870. Alessandro, tornato in Russia nel 1873, morì quello stesso anno e su sepolto accanto a Sergej Volkonskij, suo compagno di ideali, mentre Larisa morì a Firenze nel 1888.
La coppia ebbe una figlia, Varvara che nel 1873 sposò Vladimir Stepanovic Vysockij da cui ebbe tre figlie: Marija, Nelly e Ol’ga.
Liubov’ Ivanova Čeljustkina, nata a Orel, morì a 78 anni a Marina di Pisa nel 1926. Fu cantante lirica col nome di Albini e con lo stesso nome aprì a Firenze e a Marina di Pisa una pensione assieme a Larisa Poggio.
Il monumento funebre
La tomba è composta da un grande blocco di marmo, forse proveniente dalle cave dei monti pisani, scolpito a forma di roccia sopra cui è infissa una croce essenziale. Sul fronte della roccia si trovano le epigrafi realizzate con lettere in piombo incassate nel marmo. La sepoltura è delimitata da dei cordoli e dei pilastrini in marmo collegati con delle barre in ferro.
Il restauro
Le epigrafi con lettere in piombo incassate nel marmo si presentavano incomplete.
I cordoli ed i pilastrini in marmo di delimitazione si presentavano in pessime condizioni di conservazione, come pure le barre di collegamento in ferro erano ossidate.
Il massiccio blocco di marmo risultava inclinato, per il notevole cedimento del terreno, e interessato da alcune fratture. Il cedimento del terreno aveva causato anche il dissesto dei cordoli e dei pilastrini.
Il marmo mostrava la superficie corrosa dall’azione dei fenomeni atmosferici fra cui, in primis, quelli relativi alla pioggia e all’irraggiamento solare.
La superficie lapidea era totalmente coperta da patina biologica, causa anch’essa dell’azione corrosiva, soprattutto per quanto esercitato dai licheni.
Sul terreno irregolare vi erano piante infestanti.
Si è proceduto alla rimozione graduale della patina biologica mediante l’azione manuale di spazzole sintetiche, piccole spatole, bisturi, attrezzi in legno opportunamente sagomati, pennelli, spruzzatori manuali, acqua demineralizzata, spugne. SI è applicata a pennello di acqua ossigenata a 70 volumi, quale azione biocida verso le formazioni biologiche più tenaci. Si è realizzata la protezione superficiale mediante applicazione a pennello, su tutte le superfici lapidee, di prodotto silossanico.
Successivamente alla pulitura si è passati al pre-consolidamento e consolidamento dei cordoli e dei pilastrini mediante prodotto a base di resina acril-siliconica diluita e applicata a pennello. Sono state consolidate anche le fratture presenti sul grande blocco lapideo con iniezioni di resina epossidica.
Le lettere mancanti dell’epigrafe sono state sostituite con altre in piombo.
La ruggine delle barre in ferro è stata rimossa ed è stato applicato un trattamento con prodotto inibitore e con vernice ferromicacea.
Il terreno all’interno della recinzione è stato liberato dalle infestanti ed è stato regolarizzato quanto più possibile, considerato il forte cedimento che lo caratterizza.
Il restauro è stato eseguito nel 2022 nell’ambito del progetto “Memorie di Russia a Firenze” con i fondi dell’Otto per mille della Chiesa Valdese.